domenica 17 agosto 2008

In tre mesi, tutto puo' cambiare

Quando in primavera sono stato tra i ghiacci dell'Oberland Bernese, salendo col trenino che porta alla Jungfraujoch e ancor piu' arrivando lassu', e vivendo tra i ghiacci per tre giorni, tutto appariva assolutamente, enormemente bianco. Lo so che quando arriva l'estate la neve piano piano scivola via e lascia il campo a verdi prati, rocce scure e ghiaccio grigio ma quando mi trovavo in mezzo a tutto quel freddo e quel bianco (e pure mi sentivo cosi' vivo!) mi sembrava impossibile che potesse semplicemente sparire.

Invece, in tre mesi, tutto e' cambiato.


Risalgo sullo stesso trenino e il paesaggio e' cosi' diverso che quasi stento a riconoscerlo. Le distese innevate sono diventate freschi pascoli, l'enorme fiume liscio e bianco si e' riempito di buchi, si e' fatto grigio e minaccioso; solo le cime piu' alte mantengono il loro candore e anzi quasi ogni giorno ricevono una spolverata di bianco dalle nuvole che rovesciano impietosamente acqua sulle nostre tende a valle. E poi c'e' l'Eiger, che nero appare in inverno al confronto con tutto il bianco intorno e ancor piu' nero appare d'estate, spogliato quasi completamente della poca neve che riusciva ad appiccicarsi alla sua ripida parete.
Fa paura visto da sotto, scarica acqua e sassi senza sosta dai suoi mille canali e budelli, si copre di nuvole gia' in tarda mattinata; intimorisce chi si accinge all'impresa di salire la sua intricata parete Nord e poi si nasconde lasciando solo immaginare cosa possa voler dire trovarsi da qualche parte su quell'enorme scoglio alto quasi due chilometri.

Per sentirci anche noi un po' alpinisti attacchiamo il fratello minore Monch da sud, grazie anche al rapido avvicinamento consentito dal trenino della Jungraujoch. E per sentirci un po' eroi lo attacchiamo con gli scarponi da sci ai piedi, visto che avevamo ricevuto una soffiata positiva sulla quantita' di neve in loco, soffiata rivelatasi inattendibile come qualucno non malato di sci come me e Alessio avrebbe potuto facilmente immaginare...
Per sentirci ancora un po' di piu' eroi, invece che seguire astutamente la traccia su sfasciumi, seguiamo un paio di guide con clienti ("la sapranno la strada loro, no?") che decidono per un percorso un po' piu'... atletico, probabilmente per far divertire i clienti legati belli sicuri al loro "guinzaglio".
Cosi' ci troviamo a scalare del III grado con scarponi da sci, in conserva qua e la' assicurata girando la corda intorno a rocce e spuntoni. Vabbeh, e' tutta esperienza. Non e' difficile credere che non ci muoviamo esattamente con velocita' felina e cosi' a meno di 200 metri dalla vetta, superati da quasi tutte le altre cordate (tutte per altro con guida a tirare il carretto, tranne una formata da tre spagnoli...) siamo costretti a fare dietrofront, causa minacciosi nuvoloni temporaleschi in rapido avvicinamento. Arriviamo alla base della cresta che il cielo si e' fatto nero nero e comincia a cadere qualche fiocco di neve. Il ritorno alla partenza del trenino e' pero' tra i piu' rapidi avvenuti in questa stagione, visto che altra gente con gli sci proprio non se ne vedeva, chissa' perche'...



Comunque, un pensierino alla discesa in sci della parete sud non ce lo siamo fatto scappare... ecco una foto, giusto per invogliare i desiderosi di avventure in equilibrio sulle lamine.



Il resto della settimana trascorre tranquillo tra chili di formaggio (al campeggio in Svizzera, cos'altro vuoi mangiare?), magnesite, temporali quotidiani, metri di roccia da scalare (e finalmente mi avvicino al VI grado...) e si conclude con una stupenda e rilassante via di quattro tiri in granito sotto il Grimselpass. Roccia liscia che non lascia niente per le mani, per altro attaccate a braccine ormai distrutte da una settimana piuttosto intensa.

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