martedì 18 maggio 2010

Di contorni e disegni

A volte dimentichiamo che c'è qualcosa al di là del nostro corpo che ha bisogno di essere ascoltato e curato, a volte dimentichiamo che siamo noi i migliori medici di noi stessi e finiamo per affidare la nostra cura ad una persona che riteniamo più adatta ad essa, perché la riteniamo investita di autorità e autorevolezza, o semplicemente perché crediamo di poterci specchiare meglio negli occhi di un altro.

Ma se uno specchio aiuta a vedersi, restano i nostri occhi a contemplare quell'immagine riflessa. Al voler guardarsi con gli occhi di un altro, si perde il confine e l'identità di sé, tutto diventa sfumato e incerto, almeno fino a quando non si riesce a voltare lo specchio, senza perdere l'immagine di sé.

Certi giorni poi, ci sembra di cadere in un buco nero.
Tutti noi a tratti possiamo percepire un grande calore che ci attira e ci impedisce di cadervi dentro.
Ma il calore, questa luce che ci tiene in ballo, può anche spegnersi o allontanarsi. Ed è proprio in quel momento che incominciamo a sbilanciarci e a cadere...

É in quei giorni che la nostra volontà rischia di confondersi e di divenire frutto del nostro squilibrio psicofisico, delle nostre delusioni e frustrazioni; siamo spinti ad attaccarci a qualcosa e a nutrire desideri che non sono ciò di cui abbiamo davvero bisogno, anzi, spesso ci sono nocivi. Si può imparare a distinguere ciò che va bene per se stessi e a riconoscere che in ogni fase della vita i bisogni cambiano e, se non si resta aperti agli altri e al mondo, ci si inaridisce. Al tempo stesso non bisogna svalutare le doti naturali che, sia come esseri umani, sia come persone uniche e irripetibili, ci sono state date donate, da chi o da cosa, non ha importanza. I talenti andrebbero messi a frutto, solo che a volte non solo è faticoso farli fruttare, ma è anche difficile riconoscerli, o accettarli per quello che sono.

A volte, quando ci sentiamo dispersi e soli, cominciamo a vagare nella ricerca di un'appiglio e la ricerca corre in ogni direzione e in ogni tempo, perché le domande che ci poniamo sono sempre le stesse e la risposta può stare nel luogo più lontano, nel tempo più remoto, oppure proprio davanti ai nostri occhi, nell'immagine di una finestra che si apre sulla città, nel suono della pioggia che batte sul tetto e di quello delle travi che scricchiolano, nel gioco di un giorno che poi diventano due e poi cento e poi smetti di contarli, nell'odore che rimane, e non se ne va.
Ma anche in un luogo ancora più vicino eppure spesso difficile da raggiungere, un luogo che spesso ci rifiutiamo di visitare, chissà poi perché…

Forse perché noi Occidentali, difendendo la nostra identità culturale, sbandierandola come inevitabilmente cristiana, di fronte a un evento qualsiasi, concentriamo la nostra attenzione nello scoprirne le relazioni di causa ed effetto, quando gli orientali, davanti a ciò che succede, si chiedono piuttosto "cosa significa ciò che osserviamo? di quale realtà nascosta può essere simbolo?".

Così, il risultato di un gioco di bastoncini o il lancio di tre monete, per noi rappresenta una casualità statistica senza significato in sé, mentre in Oriente rappresenta la fotografia irripetibile di un istante universale, la cui codifica è scritta in un libro che parla di 64 segni composti di linee spezzate e continue.

Ma dimentichiamo spesso che anche il Cristianesimo, per origine e tradizione, è anzitutto una religione orientale, una religione mistica. Essere cristiani non è solo fare della morale condita da noiose preghiere. Migliaia, forse milioni di persone sono assetate di quella mistica "orientale" in margine alla nostra società del consumismo che a tratti finisce col perdere il senso della vita. Sarebbe fin troppo facile fare dell'ironia sul sincretismo spesso superficiale, sul sentimentalismo e l'orientalismo New Age da bar, sfruttato da tanti sedicenti guru di dubbia affidabilità.
Le molteplici Chiese d'Occidente, in quanto, per lo meno in teoria, portatrici e custodi della nostra cultura dello spirito, invece di riderne o sorriderne farebbero forse meglio a fare un loro esame di coscienza: di chi è la colpa se molti sono in qualche modo costretti a ricorrere al Tao o allo Zen per riscoprire verità che pure fanno parte fin dall'origine del nostro patrimonio cristiano?
La mistica è una posizione esistenziale, un certo modo di essere in profondità e non è proprietà privata di nessuna religione e di nessuna Chiesa.
Esistono persino dei mistici atei…

A volte però, anche i loro contorni sfumano, e si perdono nella nebbia.

(le parole in corsivo sono ispirate o tratte da quelle di LB, V. Marchini, P. G.V. Cappellotto, J.C. Barreau, O. Clement, T. Spidlik)

Nessun commento: