giovedì 29 aprile 2010

Com'e' andata alla PDG?



In poche parole, e' andata che eravamo al limite, e la linea tra il farcela e il non farcela era davvero sottile.
Un imprevisto forse non sarebbe bastato a farci finire fuori, ma due o tre si'. Per qualcuno poi, l'avvicinamento degli ultimi giorni non e' stato facilissimo, e sicuramente ha portato via un po' di energie, psicologiche molto prima che fisiche.

I due giorni immediatamente precedenti alla gara sono stati perfetti. L'atmosfera a Zermatt era splendida, difficile da descrivere, fra l'eccitazione dei partecipanti, il brulicare degli organizzatori, l'ammirazione e la curiosita' dei turisti e dei sostenitori. Bello.
E' un evento nazionale in Svizzera, conosciuto da tutti, trasmesso in televisione, si diventa un po' famosi e un po' eroi.
L'organizzazione e' stata esattamente come ci si aspetta dall'esercito svizzero: meticolosa e precisissima. Veramente un meccanismo ben oliato e gestito senza intoppi, dall'inizio alla fine.

La corsa prevedeva una prima salita di circa 2000 metri di dislivello e 17 Km di sviluppo, fino in cima alla Tete Blanche, divisi in due tronconi da 1000 metri: il primo fino a Schonbiel di un po' meno di 9 Km, poi i restanti 8 abbondanti. Bisognava essere a Schonbiel entro 3 ore dalla partenza, per noi avvenuta alle 22 di venerdi' sera. Potete controllare l'altimetria di tutta la gara nell'immagine qui sotto (che tuttavia presenta un errore: il Pas du Chat non e' ovviamente alto 2919 metri come il Col du Riedmatten ma circa 300 in meno).


La notte era serena, la risalita verso la Tete Blanche davvero spettacolare, si gira intorno alla parete Nord del Cervino, visibilissima anche alla debole luce della luna e delle stelle. Meraviglioso.

Per i primi 600 metri siamo andati a piedi, chi in scarpe da ginnastica, chi in scarponcini da trekking, gli sci infilati nello zaino, con gli scarponi gia' agganciati. La partenza da Zermatt e' stato forse il momento piu' emozionante. Si sfila per tutto il paese letteralmente fra due ali di folla che applaude. Si', ci si sente davvero un po' "eroi".
Per piu' di meta' del tratto a piedi rimaniamo nel gruppone. C'e' un silenzio quasi irreale, nonostante le circa trecento persone che si snodano sul sentiero. Camminiamo a passo sostenuto, si sente solo il crepitio delle suole delle scarpe sulla terra, mi sorprendo a notare come questo cambi quando ci avviciniamo a un tornate, come se tutti insieme riprendessimo fiato per un istante. Ogni tanto, da una malga, spunta qualche sostenitore a incitarci: tutti quanti, indistintamente.
Un respiro, un colpo di tosse, qualche breve scambio di parole.
In poco piu' di un'ora e mezza siamo a Staffal, dove si possono lasciare le scarpe e si calzano gli sci. Il tempo non e' male, ma c'e' gia' stato il primo intoppo.
Dopo circa un'ora di cammino, improvvisamente lo zainetto della Camp di Diego cede: il laccetto che tiene gli sci si sfila e questi precipitano all'indietro. Non c'e' molto tempo per ripararlo e non manca moltissimo al cambio scarpe, ma in realta' neanche poco, circa 220 metri di dislivello, con pendenze pero' da "strada statale".
Quando sento Diego urlare qualcosa e mi giro per vedere cosa sta succedendo, mi rendo conto che un fiume di persone ci supera, saranno almeno 30 o 40. Li' per li' ci sembra che l'incidente non ci abbia fatto perdere molto tempo, ma in realta' perdiamo contatto con una buona parte del gruppo di squadre che hanno piu' o meno il nostro passo. Molti che stavamo tenendo dietro ci sfilano e poi ci sfuggono. Questo piu' avanti ci costera' caro.

Da Staffal, calzati gli sci, si prosegue lungo un interminabile pianoro ai piedi del Cervino. Abbiamo giusto il tempo di volgere un rapido sguardo alla sua vertiginosa parete Nord che ci sovrasta, poi finalmente si ricomincia a salire. Qui forse commettiamo un piccolo errore tattico. Superiamo due pattuglie appena comincia la salita. Lo sforzo e' probabilmente eccessivo, rispetto al guadagno che ci consente. Io rallento per recuperare, una delle due pattuglie mi risupera, mentre Alessio e Diego proseguono davanti, guadagnando circa uno o due minuti su di me. Mentre li vedo allontanarsi lentamente comincio a pensare che se loro vanno cosi', per me e' troppo.
Mi aspettano, Diego sembra bello fresco, Ale un po' meno, come me. Puo' darsi che abbiamo esagerato un po', ma non troppo, e possiamo recuperare. Siamo andati bene. Arriviamo a Schonbiel dopo 2h35m circa. Riposiamo un poco, mangiamo qualcosa, ci leghiamo e passiamo il cancello dopo 2h49m. Siamo giusti, come ci aspettavamo. A posteriori crediamo che l'incidente di Diego ci possa essere costato circa 5 minuti, forse qualcosa di piu'. Ma soprattutto, come detto, ci fa perdere contatto con un bel po' di squadre alla nostra portata. Probabilmente questo e' stato cruciale.

Nella cordata da tre io mi trovo al centro. Abbiamo studiato questa disposizione per ottimizzare la discesa.
Alessio parte in testa ma qualcosa non va. Non riusciamo a tenere un ritmo sufficiente. Diverse squadre ci sfilano facilmente, comprese le due che avevamo superato dopo il lungo pianoro. Quando Diego si mette davanti le cose cominciano ad andare meglio, teniamo un ritmo ragionevole. Recuperiamo anche qualche posizione.
Secondo piccolo problema tecnico: sbaglio a ruotare l'alzatacco e mi ritrovo col tallone bloccato. Devo togliere lo sci e rimetterlo in posizione di salita. Perdiamo circa 2-3 minuti. Alla fine conteranno tutti quanti. Perdiamo contatto con un'altra squadra che procedeva grosso modo al nostro ritmo.
Ale ripassa in testa, ma ancora non riusciamo a tenere il passo giusto. C'e' un problema con le pelli di foca che sembrano non avere il giusto grip e nel punto piu' ripido di tutta questa prima salita scivolano. Ale decide di togliere gli sci e proseguire per un tratto a piedi. Ormai siamo raggiunti da numerose squadre che sono partite un'ora dopo di noi. C'e' molta congestione sulle due tracce di salita, mentre moltissime pattuglie ci superano. E' il momento peggiore. Non riusciamo a ripartire. Perdiamo molto tempo, forse 20 minuti, e qualche energia psicologica in un battibecco con un'altra squadra che, nel nostro momento piu' critico, tenta di superarci maldestramente e con fare piuttosto arrogante. Vengono meno un po' di concentrazione e fiducia e prendiamo freddo.

Quando Diego prende nuovamente la testa, ripartiamo con un buon ritmo. Ma anche per lui non e' facile. Psicologicamente, e in parte anche tecnicamente, seguire e' naturalmente piu' semplice.
Visto che avevamo deciso che io mi sarei legato nel mezzo, sono rimasto davanti quasi sempre dalla partenza fino alla fine del pianoro dopo Staffal, dove abbiamo effettuato quell'azzardato doppio sorpasso. Per questa fase, da Schonbiel alla Tete blanche, avevamo invece previsto cambi in testa fra Diego e Alessio, ma date le condizioni e' sempre Diego ad andare avanti. Questo ci costa ancora qualche minuto, diciamo circa 5, chissa' anche qualcuno di piu', soprattutto perche' finiamo per fare una o due pause in piu' di quelle che erano necessarie. Forse sarebbe stato meglio cambiare le posizioni in cordata subito dopo Schonbiel, ma e' un'opzione che colpevolmente non avevamo discusso, e non e' affatto certo che il tempo perso nelle operazioni di corda sarebbe stato riguadagnato grazie a cambi piu' frequenti.

Verso la fine della salita compiamo un secondo errore tattico, dettato soprattutto dal fatto che non avevamo potuto provare il percorso prima (l'avevamo programmato intorno al 20 marzo, ma le condizioni di neve e meteo pessime ci hanno fatto desistere): ci fermiamo in cima a un piccolo colle che in relta' dista molto poco dal checkpoint. Avremmo dovuto tenere duro ancora dieci minuti, risparmiando una pausa e forse altri 5 minuti.

Passiamo il checkpoint della Tete Blanche alle 3:59, dopo 6 ore di marcia. E' un tempo molto buono in assoluto, per una gita, (sulla mia guida svizzera viene dato per questa salita un tempo di 9 - 10 ore, e non e' una guida per merenderi!): quello che costa molto tempo e' soprattutto il grandissimo sviluppo: ben 17 Km!

Avevamo studiato i cancelli successivi e sapevamo che saremmo dovuti arrivare alla Tete Blanche intorno alle 3.30 per stare tranquilli, abbiamo accumulato mezz'ora di ritardo, e le ragioni piu' o meno sono quelle di cui sopra. Siamo forse leggermente abbattuti; l'unico modo che abbiamo per provarci ancora e' buttarci giu' il piu' velocemente possibile, ma ecco che accade l'imprevisto piu' penalizzante: la lampada frontale di Alessio e' scarica!
Avevamo discusso l'opportunita' di portare delle pile di ricambio ma alla fine non lo abbiamo fatto. Questo e' stato molto probabilmente l'errore piu' grave, l'unico che avremmo potuto evitare con facilita' e forse quello che ci e' costato piu' tempo.

Affrontare la discesa senza lampada frontale diventa complicato. Praticamente tutte le squadre, escluse quelle di professionisti e semiprofessionisti, impiegano circa 50 minuti ad arrivare al successivo checkpoint, al Col du Bertol, dopo 450 metri in discesa, ripellata, e altri 100 in salita. Noi impieghiamo 1h10m. Ovviamente in discesa siamo molto lenti, dopo essere stati molto lenti anche a ripartire dalla Tete Blanche, anche perche' una volta realizzato che una luce non va, capiamo che quasi certamente ormai siamo fuori. Inoltre anche Diego ha un problema con l'attacco nel momento di ricominciare a salire (si era congelato e non si riusciva a bloccare in posizione di salita). Se ne vanno cosi' almeno altri 25 minuti.
Al Col du Bertol siamo stati ormai raggiunti e superati da moltissime pattuglie molto piu' veloci di noi. Siamo tra gli ultimi del gruppo in partenza alle 22. L'accoglienza e' meravigliosa: militari, medici e paramedici ci passano il the caldo, si informano sulle condizioni di salute, ci incitano, ci aiutano a slegarci, a togliere le pelli, a ripartire, sanno che siamo al limite per essere dentro e provano a dare una mano per non farci uscire.

La discesa dal Col du Bertol e' molto ripida all'inizio. Ormai abbiamo perso parecchia motivazione, e per Alessio e' veramente difficile scendere, nonostante io e Diego tentiamo di illuminargli il piu' possibile la via e ormai stia cominciando ad albeggiare. Perdiamo altri 15 - 20 minuti. In totale nel tratto Tete Blanche - Arolla perdiamo 35 - 40 minuti. Ormai il ritardo accumulato per cause tecniche e' di 60 - 70 minuti. Arriviamo ad Arolla alle 6:26. Il cancello di Riedmatten e' alle 8:30 ed e' situato poco sotto l'omonimo colle, solo 800 metri sopra di noi. Sebbene un po' provati psicologicamente dagli imprevisti, fisicamente stiamo ancora bene, e sappiamo che possiamo farlo in 1h45m. Il cancello seguente, l'ultimo, alla Barma, e' alle 10:30, e praticamente tutte le squadre del nostro livello impiegano circa 5 ore per arrivarci da Arolla. Noi ne abbiamo 4. Non abbiamo chance. E se anche forzassimo per recuperare un'ora (su cinque non e' poco!) arriveremmo completamente sfiancati, e ci mancherebbero ancora mille metri di dislivello per arrivare a Verbier, tra cui l'impegnativa risalita del Couloir de la Rosablanche.
Inoltre, Alessio non sta bene, l'unica opzione sarebbe proseguire in due, solo io e Diego (e' ammesso dal regolamento), pero' e' un'opzione che in realta' non abbiamo mai preso in considerazione. Abbiamo sempre agito come una squadra e come una squadra avremmo voluto arrivare in fondo.
Decidiamo di ritirarci.

Se avessimo voluto tentare il tutto per tutto, quando ci siamo accorti che una luce non funzionava, avremmo dovuto proseguire in due fin dalla ripartenza dalla Tete Blanche, ma, in verita', a nessuno di noi tre e' venuta in mente questa possibilita'. E' un segno del valore che avevamo dato a questa sfida: ci sentivamo in quel momento e ci siamo sempre sentiti una vera squadra.

E' stata una splendida avventura: nessuno di noi tre e' mai stato cosi' fisicamente e tecnicamente preparato, eravamo dentro, con un po' di fortuna saremmo arrivati a Verbier. Ora abbiamo un grande bagaglio da portare con noi. Abbiamo corso insieme all'elite mondiale di questo che si avvicina di piu' a uno sport che allo scialpinismo come lo conosciamo: perde infatti ovviamente buona parte del suo tradizionale carattere alpinistico. E' un'altra cosa, ma e' comunque una sfida fisica e psicologica, una lunga cavalcata in montagna, attraverso scenari grandiosi.

Se togliamo anche solo 60 minuti di ritardo accumulato per cause tecniche (una stima per difetto), saremmo arrivati ad Arolla alle 5h25m, al limite ma comunque in tempo per farcela. Cinque ore fino alla Barma (900 metri di dislivello in salita, 500 in discesa ma con vari saliscendi e un'altro lunghissimo pianoro) erano alla nostra portata. Quando si e' cosi' al limite, forse bisogna prestare ancora maggiore attenzione a dettagli come l'affidabilita' dell'attrezzatura e magari portare un po' di peso in piu' per far fronte rapidamente a eventuali problemi. Anche non aver potuto provare la prima salita ha inciso non poco sulle possiblita' di successo. Sicuramente, una gara come questa non e' una gita. Bisogna andare forte e ogni ritardo e' importante. Se fosse stata una gita normale, saremmo arrivati con un'ora di ritardo, fronteggiando i problemi, e non sarebbe successo niente. In questa gara, con un'ora di ritardo, sei fuori.
C'e' anche da aggiungere che per il gran caldo e' stato chiuso il Couloir de la Rosablanche alle 12:10 e in realta' tutte le squadre arrivate dopo le 10 al checkpoint della Barma sono state fermate (nonostante, come detto, il cancello fosse alle 10:30). In queste condizioni, per arrivare in fondo avrebbe dovuto filare tutto ma proprio tutto liscio e senza il minimo intoppo. E forse non sarebbe bastato lo stesso: ci avevano detto che avrebbero potuto anticipare quel cancello di mezz'ora e sapevamo che per noi sarebbe stato critico, anche in condizioni ideali.

Come sempre in montagna, ciascuno di noi ha imparato molte cose su stesso, su quello che il proprio corpo puo' fare, su come lo puo' fare, su come gestire la fatica, come prepararsi a un evento di questa portata, cosa vuol dire essere una squadra. Siamo partiti con il sorriso, e siamo arrivati con un po' di delusione, ora non ci resta che sfruttare tutto l'allenamento di questi mesi andandocene ancora un po' in giro per i monti finche' dura la neve, e pensare alla prossima occasione, la prossima Patrouille des Glaciers, nel 2012!

Dobbiamo ringraziare molte persone che ci hanno sostenuto in questa avventura.
Per primo Felice, che in un pomeriggio di meta' novembre pose la fatidica domanda: "Perche' non fate la Patrouille des Glaciers?" e la risposta e' mutata in pochi giorni da "Tu sei pazzo, quella e' impossibile" a... "Si puo' fare..." fino a "Iscriviamoci!". Senza di lui non saremmo neanche partiti, anche per il decisivo aiuto che ci ha dato a Zermatt il giorno della partenza. Mi dispiace solo che sia rimasto ad aspettarci invano in cima alla Rosablanche...
Poi Patrizia, che era presente quel giorno di novembre, che ci ha accompagnato nei primi allenamenti, che ci ha sopportato e supportato al campo di Arolla, che mi ha prestato i bastoncini all'ultim'ora e che e' stata un'ottima riserva, fino al momento della partenza.
Grazie a mio fratello Marco, che una volta ha "traghettato" Alessio fino a Zermatt per permetterci di allenarci insieme, e poi sabato mattina, con solo un'ora di sonno alle spalle, ci ha aspettato piu' di due ore al freddo di Arolla con una sacca piena di provviste. Non dimentichero' mai il suo sguardo pieno di entusiasmo e di attesa quando ci ha visti arrivare, correndoci incontro con quella sacca, e il mutare della sua espressione quando ha capito che da li' non saremmo ripartiti...
Ho sempre sentito il sostegno delle persone che mi vogliono bene da sempre e ho letto anche la loro delusione prima nelle loro voci e poi sui loro volti. E sabato, se non ci fossero stati anche loro, sarebbe stata piu' dura per tutti noi tre...

Fabio e' stato per me un ottimo compagno di allenamento e di levatacce a orari improponibili spesso con un'unica, solita meta: Diemtigtal.
Qualcun altro ha cavalcato il mio entusiasmo e lo ha accompagnato a volte silenziosamente, altre rumorosamente, a volte soffrendo anche un po' per le mie assenze forzate. Grazie.

Grazie anche a tutte le altre persone che stanno sul lato meridionale della catena Alpina, in luoghi cosi' remoti geograficamente ma cosi' vicini per spirito.

E per tutti quanti vale una promessa (o una minaccia...): ci riproveremo!

Nessun commento: