A volte hai la sensazione che qualcuno stia cercando di mandarti un messaggio.
Tipicamente del tipo: "Invece di fare il giro dell'Italia alla ricerca di neve e montagne, stattene a casa o va' al mare, che' e' maggio!".
Non ascoltare il messaggio puo' condurre a una serie di tragicomici tentativi di pellegrinaggio scialpinistico.
Arrivo sabato 25 aprile nel tardo pomeriggio a Treviso, con il sempre confortevole volo Ryan Air da Girona. Fabio e Franco mi passano a prendere dopo essere saliti in giornata alla Forca Rossa al Pelmo. Trasferimento in val Canali e salita al rifugio Treviso.
Durante i preparativi al parcheggio, il buon Fabio si accorge di aver lasciato i bastoncini al suolo al termine della gita della mattina. La ricerca di un paio di bastoncini sostituitivi e un po' della cronica lentezza ci fa tardare quel tanto che basta perche' la notte ci sorprenda troppo presto, facendoci perdere il sentiero di accesso al rifugio dentro un canale innevato che imbocchiamo seguendo alcune tracce di discesa. Solo quando siamo al punto di ammettere la disfatta e rassegnarci a fare un mesto ritorno all'auto, Fabio alza la testa, vede la luce, la usa per illuminare la parete alla nostra sinistra e scorge improvvisamente il rifugio proprio sopra le nostre teste; di li' a poco incrociamo il sentiero di accesso. Pericolo scampato.
La notte e' lussuosa: il piccolo locale invernale, rinnovato da poco insieme a tutto il rifugio, e' dotato addirittura di lettini con doghe in legno!
Sveglia ore 5.30.
Destinazione Cima Manstorna. Dopo mezz'ora di cammino la rondella di uno dei miei bastoncini si rompe (rondella di ricambio montata un anno e mezzo fa: qualita' Decathlon!). L'appoggio sprofonda ad ogni passo. La salita si fa dunque un po' difficoltosa ma pur con andatura un po' zoppicante procedo di buona lena fino a quando, all'ennesimo cedimento nella neve, comincio a scivolare all'indietro e aggrappandomi istintivamente al bastoncino semisepolto lo spezzo in due.
Rientro anticipato all'auto e ripiegamento su Passo Rolle dove si dice ci siano gli impianti di risalita aperti.
Impianti non proprio, piu' che altro impianto: uno solo. Peccato che la bigliettaia si scordi di informarci del fatto, visto che il pannello luminoso dichiarava aperti tutti gli impianti.
Dopo un'oretta arriva l'annunciata perturbazione che porta nevina e vento insieme a un po' di aria fresca. Passiamo tre ore a dedicarci al puro "freestyle" sui salti dello snow park, accompagnati da una ventina (scarsa) di coraggiosi disperati frequentatori dell'unico impianto aperto delle Dolomiti (pur essendoci due metri di neve a 2000 metri) in una giornata grigia e umida.
Poco male, le condizioni delle gite di scialpinismo programmate per i seguenti due giorni dovrebbero essere splendide. Peccato che sull'Italia settentrionale decida di scatenarsi una specie di tempesta con venti burrascosi e neve che dura tre giorni; il fatto manda all'aria tutti i piani e mi riporta a un pellegrinaggio tra l'Emilia e la Toscana, con inutile fardello di sci, scarponi e materiale vario, su e giu' dai sempre puntuali treni Trenitalia.
Il finesettimana seguente mi aspettano le Alpi Marittime, luoghi di casa, con innevamento incredibile per la stagione, 3 metri di neve a 2500 metri di altitudine.
Ad uno ad uno i candidati compagni di ventura vengono pero' trattenuti da donne esigenti e scazzi vari, per cui rimaniamo in due, io e Fabio, coraggiosamente alla volta di Sangiacomo. Il buon Fabio, in gita di lavoro a Trieste, dopo la capatina sulle Dolomiti del finesettimana passato, si precipita a Genova giovedi' notte; partiamo immediatamente in auto per Sangiacomo con l'idea di affrontare belli freschi all'alba di venerdi' il primo di tre giorni che si annunciano esaltanti.
Un nuovo inconveniente ci aspetta dietro l'angolo: i bauscia lombardi e i loro omologhi tedeschi e svizzeri calano in Liguria per l'assalto al ponte del Primo Maggio. Sono talmente tanti che all'una di notte l'autostrada tra Genova e Savona e' ancora intasata. Morale: un viaggio previsto di un'ora e mezza si trasforma in un'odissea di 3 ore e 45 minuti. Fabio raggiunge cosi' le 12 ore di viaggio. Giunti a casa all'alba delle 4.15 decidiamo di non fare la figura dei merenderi e puntiamo la sveglia alle 7.15 per tentare l'esplorazione degli agongati canali Nord del Mondole'.
In questa settimana un po' cosi', ahinoi, ancora non avevamo fatto i conti con gli acciacchi dell'eta'. Fabio (30 anni fra poco) si sveglia con una decisa contrattura alla scapola destra. Sostanzialmente non si puo' muovere. Niente da fare, canali Nord del Mondole' rimandati a data da destinarsi.
Il buon Dario si trova, come spesso gli accade nei periodi di festa, in quel di Imperia, questa volta con al seguito il giovane virgulto Lorenzo.
Sebbene le condizioni sui versanti Nord delle Alpi Liguri e Marittime siano eccezionali, e il fiorentino di Imperia avesse cominciato ad agognare i primaverili "canali incazzati, ripidi e duri" gia' nel cuore dell'inverno, i due "imperiesi" vengono presi da attacco di pigrizia migratoria, o attrazione per le nordiche al pascolo sulle spiagge della Riviera, e decidono che non hanno voglia di varcare lo spartiacque Tanaro/Casotto, onde poter godere di un dinamico sabato sera tra Albenga, Alassio e Diano Marina.
Bene, si va alla Cima delle Saline, versante Sud delle Alpi Liguri. Teoricamente una gran gita, ma con innevamento da verificare (in questa stagione, la differenza di innevamento tra versanti Sud e Nord puo' essere davvero notevole).
Alle ore 23 circa squilla il telefono. Il buon Dario non ha con se' le pelli di foca, trattenute in qualche maniera dall'ultimo destinatario di un prestito. Io e Fabio veniamo presi da un attacco di risata isterica. Guidati forse piu' dalla speranza che dalla ragione, decidiamo che la neve probabilmente la mattina presto sara' molto dura e Dario dovrebbe riuscire a salire senza troppa difficolta' con gli sci in spalla. Appuntamento invariato, ore 5.15 a Viozene.
Sveglia ore 4.
Naturalmente non poteva mancare un problema meccanico. Dalla ruota posteriore destra dell'auto di mio padre si genera un rumore leggermente inquietante. Dopo alcuni chilometri di marcia su strade di montagna si percepisce uno strano odore come di frizione bruciata: differenziale posteriore? pasticche dei freni? per ora la soluzione e' un'andatura moderata, ma ciononostante il consumo di carburante e' anomalo e ci ritroviamo a dover fare inaspettatamente benzina a Garessio.
Pompa 6, 40 euro ma... "Pompa 6 solo gasolio". 40 euro andati.
Ritenta.
Pompa 4. Prendo in mano la pompa ma, vuoi il buio, vuoi la fretta, vuoi il sonno, e' la pompa sbagliata! ancora quella del gasolio! altri 40 euro ciucciati.
Attendiamo fiduciosi una ricevuta che ci permetta di recuperare in seguito il denaro perso e, ormai a corto di contanti, infiliamo il bancomat nell'apposita fessura.
Attendere prego... attendere prego... Macchinetta in tilt. Niente benzina, niente ricevute. Non resta che attendere ancora, prego.
Dopo qualche minuto finalmente la situazione si sblocca. Racimoliamo gli ultimi 40 euro e...
Pompa 1. Questa volta si': colore verde, e' la benzina giusta. Nel frattempo saltano anche fuori gli scontrini.
Chiamo Dario: "Siamo in ritardo", per questo, questo e quest'altro motivo.
"Non ti preoccupare, abbiamo investito un capriolo e mezzo sfasciato la macchina, vi aspettiamo qua".
Il "qua" e' al bar ristorante di Viozene. La proprietaria, un'arzilla signora bionda con abbondante voglia di chiaccherare, ci racconta come, il 2 maggio del 2007, esattamente 2 anni fa, alle ore 5.40, cioe' solo 15 minuti dopo l'ora dell'incidente di questa mattina, a soli 10 km dal luogo dell'incidente di questa mattina, investi' un capriolo con la stessa modalita' di questa mattina... Abbiamo quindi deciso di nominare il 2 maggio "Giornata piemontese della protezione del capriolo".
Tra sopralluoghi, fotografie, veterinario, carabinieri, moduli e assicurazione, un'altra giornata di gran sole con neve splendida e' saltata. Quando il karma dice no, e' no.
Al capriolo, pero', e' andata peggio. Era una femmina, aveva due cuccioli in grembo: li ha persi abbandonandoli sulla strada, ancora feti, mentre, forse morta sul colpo, veniva scagliata dall'impatto nel dirupo sotto la provinciale.
Adagiata su un fianco, a pochi metri da noi, con una zampa incastrata fra i rami e innaturalmente piegata verso l'esterno, sembra fissarci coi grandi occhi neri spalancati.
E' proprio il caso di tornare a casa.
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