mercoledì 10 agosto 2011

Romance in Bern

Due immagini scattate a 24 ore di distanza dalla finestra del mio ufficio. La prima è "antichizzata", ma l'arcobaleno non è un effetto speciale.




martedì 9 agosto 2011

Fabrikk!

Loro si definiscono un Gassenschau, che letteralmente vorrebbe dire "spettacolo di strada", ma sarebbe una definizione davvero molto riduttiva.


Cominciamo dall'ambientazione: un grande areale industriale abbandonato, trasformato in un teatro all'aperto contornato da due bar e 3 ristoranti con ottima cucina casalinga.
Passiamo poi alla storia, in breve: una piccola tradizionale fabbrica di cioccolato si ritrova a fronteggiare con difficoltà i mercati emergenti dell'Oriente.
E finiamo con la parte più importante, che tipo di spettacolo è: indefinibile.

È una rappresentazione teatrale, in un atto unico, ma ha diverse parti cantate e ballate, che a tratti la potrebbero far assomigliare a un musical. Tutto l'accompagnamento è suonato dal vivo, fin dall'introduzione, quando una piattaforma con i quattro componenti della piccola band, sospesa per aria plana sopra l'enorme palco, fino a sparire dietro le quinte.

Gli attori sono anche un po' cantanti e un po' acrobati, le parti parlate sono per la maggior parte in dialetto svizzero, ma diversi dialoghi sono in italiano, cinese, inglese e in buon tedesco, seguendo le origini degli impiegati della fabbrica di cioccolato e dei nuovi clienti.

La scenografia è dinamica ed è protagonista non meno degli attori e della musica, un po' si ride e un po' ci si commuove fino al finale che lascia letteralmente a bocca aperta per un tempo che sinceramente faccio fatica a ricordare. Quindici minuti, forse venti, di un crescendo grandioso che ti fa tornare bambino per come riempie gli occhi di meraviglia. Tutto si trasforma a due passi da te per diventare altro in una maniera che sembrava impossibile anche soltanto immaginare fino a poco prima. E non c'è trucco, non c'è illusione, non c'è nessun effetto speciale: gli uomini volano per davvero, i cavi si spezzano e scintillano, dal pavimento emergono...

... è teatro, con una buona dose di ingegno e di fantasia.

Se capitate dalle parti di Zurigo, da qui a ottobre, oppure l'estate prossima (vista la complessità dell'allestimento va in scena per due estati di fila), masticate un minimo di tedesco (basta davvero poco) e riuscite a trovare un biglietto (questa è forse la parte più difficile, almeno per quest'anno), vi consiglio proprio di non lasciarvelo scappare!
Qui il sito internet dedicato.

giovedì 4 agosto 2011

Primavera e estate

L'Altels, con i suoi 3629 m, si alza sopra il vasto pianoro dello Spittelmatte per poco più di 1700 m di dislivello come un perfetto piano inclinato con una pendenza quasi costante trai 35 e i 40 gradi.
È una delle montagne più amate e ambite dagli scialpinisti.
Quando siamo andati per salirlo (e soprattutto scenderlo!) in primavera, le condizioni della parte alta purtroppo non erano delle migliori.


Abbiamo deciso di raggiungere lo Spittelmatte partendo da Engstligenalp, una bellissima conca cui si accede comodamente in funivia da Adelboden. Dopo aver valicato la Engstligengrat e disceso un divertente canale, abbiamo guadagnato il piccolo bacino di Tschalmeten per poi scendere verso l'hotel Schwarenbach, costruito alla fine del '700 lungo quella che era la via di comunicazione più breve e frequentata, d'estate, tra il Canton Berna e il Vallese.

Nonostante le recenti nevicate di quel periodo, la neve, come quasi sempre accade, non aveva aderito al grande triangolo che forma la vetta. Dopo una notte serena e fresca bivaccando all'aperto e dopo aver scartato l'alternativa di salire l'adiacente Balmhorn (che con il Rinderhorn e l'Altels costituisce il grandioso trittico delle Alpi Bernesi Occidentali), siamo partiti lo stesso per l'Altels, sebbene un po' scettici. Sulla via di salita abbiamo incontrato una ventina di altri scialpinisti; tra questi, una ragazza, a causa di una pelle di foca dalla colla ormai esaurita, ha perso uno sci e scivolando ha percorso quasi metà parete fermandosi poi fortunosamente sulla conca che precede l'ultimo salto roccioso.


Eravamo quelli più in basso sull'itinerario in quel momento e nessun altro accennava a muoversi per vedere come stesse la ragazza. Così, dopo qualche minuto attendendo che la sua compagna di avventura si rendesse conto dell'accaduto, preso atto che in realtà questa stava tranquillamente procedendo verso la vetta, in condizioni di equilibrio non esattamente ottimale mi sono preparato per il recupero dello sci perduto e della ragazza ai piedi della parete.
Una volta ultimato il recupero e incassato un più che striminzito "merci" dalla simpatica e preparata alpinista svizzera, attardato rispetto ai miei compagni che si trovavano circa 300 metri di dislivello sopra di me, mi sono prodotto in una grande rincorsa per raggiungerli che mi ha lasciato decisamente provato.
Guadagnata faticosamente la spalla dell'Altels e osservati da vicino con delusione gli ultimi 200 metri di dislivello, ci siamo preparati per la discesa.
1300 metri di neve perfetta, liscia e dura ma con ottimo grip su un piano inclinato a più di 35 gradi di pendenza pressoché costante, largo più o meno 300 metri. Totale soste: due; tutto il resto mollando gli sci e pennellando curvoni.

Molto bello ma... non è un po' tardino per scrivere di queste cose in agosto?
Beh, ovviamente sì ma giusto lo scorso finesettimana sono stato a fare un trekking da quelle parti e al termine del luglio più freddo e nevoso degli ultimi 10 anni, mi sono ritrovato ad ammirare la parte sommitale dell'Altels, avvolta di un bianco che così bianco lassù non l'avevo mai visto. Condizioni quasi perfette per portare a termine quanto lasciato in sospeso quasi 4 mesi prima.


La tentazione di correre a casa, rispolverare l'attrezzatura e partire non è mancata, ma poi un ginocchio ballerino e i 1400 metri da fare, in salita e in discesa, quasi interamente su pietraia con tanto di sci nello zaino, mi hanno fatto rapidamente scendere a più miti consigli.


Peccato, sarebbe stata una bella e insolita avventura...

Ecco qui una galleria con qualche foto dell'avventura primaverile e del trekking del primo di agosto...

martedì 2 agosto 2011

Ferro e fuoco

La città era avvolta da una sottile nebbia accesa di rosa dai primi raggi di sole. Solo in pochi si aggiravano sulle strade ricoperte da resti di esplosivi, ancora storditi dal frastuono della notte e dall'odore acre della polvere da sparo e della carne bruciata.

Sono le 7 del mattino del 2 di agosto, a Berna.
Il primo di agosto è la Festa Nazionale Svizzera, che significa, per ogni svizzero, barbecue e fuochi d'artificio.
La città a ferro e fuoco.
Durante la breve estate bernese, sui piccoli e grandi prati che costeggiano la riva del fiume, si assembrano ogni sabato e domenica pomeriggio decine di gruppi di giovani e meno giovani e, ciascuno col proprio grill, cominciano ad abbrustolire ali di pollo, bistecchine e soprattutto bratwurst, mentre i più temerari si fanno trasportare dalle fresche acque dell'Aare.
Ma ieri c'era qualcosa in più.
Da più di una settimana erano comparsi improvvisamente in giro per la città baracchini di varia foggia e dimensione, stipati di fuochi d'artificio.
A quanto pare, in Svizzera il primo d'agosto non è il primo d'agosto se non hai sparato qualche fuoco. In questo senso è il loro Capodanno, visto che a Capodanno troppo spesso fa troppo freddo per piazzarsi all'aperto e accendere miccette.
Le 22.30 del primo di agosto sono l'equivalente svizzero della mezzanotte di San Silvestro napoletana. È il momento in cui comincia la festa anche se già dal pomeriggio in pochi si fanno mancare petardi e bengala.
E infatti giù al fiume verso le sette e mezza, tra barbecue e polvere da sparo, il fumo aveva già avvolto i festanti rendendo l'aria densa e acre.

Intorno alle 22, per attraversare in bicicletta il ponte di Kurnhaus bisogna fare lo slalom fra le fontanelle e schivare il lancio di miniciccioli e petardi. Alle 22.30 scattano i fuochi ufficiali organizzati dalla città e dai quartieri. Ma soprattutto è il momento in cui tutti danno fuoco alle armi: tutti, dai 3 ai 103 anni, devono necessariamente far bruciare, saltare, fischiare, brillare o scoppiare qualcosa.
A Grosse Schanze, la grande terrazza sopra la stazione, lo spettro piromane era dei più ampi: adolescenti evidentemente eccitati dai loro potenti e ciechi scoppi, giovani genitori che insegnavano ai figli come accendere le loro prime fontanelle, naturalmente tenendo per sé il lancio dei più adulti bengala, coppie di anziani che con attenzione davano fuoco a micce e stelline.

Stamattina il cielo era sereno, l'aria fresca ma ferma, senza nemmeno una piccola brezza mattutina ad agitarla. Il fumo dei barbecue e dei fuochi d'artificio ristagnava ancora, precipitato verso la città bassa, verso il fiume, mischiato a una sottile umida foschia. Il sole entrando di traverso nelle anse dell'Aare accendeva di una luce diffusa ancora per qualche minuto le polveri della notte, mentre la città si svegliava un po' più lentamente del solito e dal ponte di Kurnhaus il Berner Oberland, come ogni giorno senza nuvole, chiudeva l'orizzonte verso sud.