martedì 14 settembre 2010

Ecco il corno

In relazione al post precedente, grazie all'aiuto del buon Osvaldo, ecco qua finalmente un po' di immagini del "corno" (in tedesco sauschwanz).

Effettivamente ho trovato solo foto di versioni leggermente più sicure di quella presente al Col du Sanetsch, le cui estremità sono più aperte rispetto agli esemplari che vedete qui sotto.
Inoltre i corni di Sanetsch non sono infilati in anelli stretti come quelli nelle figure ma, come ho cercato di descrivere, in un tondino metallico le cui estremità, lontane circa 15 cm, sono ancorate alla roccia.





Inoltre sembra che sia consigliata spesso una "ridondanza" nell'assicurazione, che tuttavia chiaramente non si può applicare all'ultimo che discenda la via, a meno di non lasciare sempre del materiale in parete....

Laura ha infilato un moschettone in quella specie di anello che si forma in alto, che però nella versione del corno presente al Col du Sanetsch non è un anello. Così il corno si è capovolto, è uscito dalla sede ed è venuto giù.

lunedì 13 settembre 2010

Di empatia e attenzione

Fa un rumore sordo un corpo che cade sbattendo contro la roccia.
Pensavo che avessero buttato di sotto uno zaino.
E invece poco dopo spunta su un piccolo pianoro alla nostra destra una delle due ragazze che un'oretta prima con un amico si erano infilate nella valletta a fianco.
È al cellulare e parla francese.

- Un chute. Dix mètres.

Una caduta. Dieci metri.
La sua amica è venuta giù.

Mi attacco al rinvio e chiedo a Osvaldo che mi sta assicurando se anche lui ha capito la stessa cosa che ho capito io.
Non serve che mi risponda. Dalla valletta arriva un lamento, poi un grido e un pianto.

La ragazza chiude il telefono, gridando le chiedo se hanno bisogno di aiuto, mi risponde che la sua amica è caduta, che ha chiamato l'elicottero.

- Arriviamo!

È un momento delicato. Mi mancano due rinvii per arrivare in catena. È difficile rimanere concentrati.

- OK Osvaldo, ora andiamo a dargli una mano, prima però restiamo concentrati su noi stessi ancora cinque minuti, perché se no qua facciamo un altro danno.

Per fortuna in pochi passi riesco a uscire e a calarmi velocemente. Giusto il tempo di infilare le scarpe da ginnastica e ci precipitiamo incontro ai tre, che lentamente spuntano dalla valletta. Gael e Alex sostengono Laura e la trasportano verso il prato che sta sotto di noi.

Regola numero uno in caso di incidente: non spostare la vittima.

Penso che se la stanno spostando non si dev'essere fatta quasi niente, ma allora perché hanno chiamato l'elicottero? Li raggiungiamo di corsa.
Laura singhiozza dolorante, "perché diavolo la stanno spostando?", continuo a pensare.
Ormai siamo in ballo, in mezzo a una piccola pietraia, non possiamo lasciarla lì, raggiungiamo un prato scosceso poco più in basso.

Le chiamate si susseguono convulse, con il cellulare che prende e non prende. Hanno capito dove siamo, Col du Sanetsch, ci mandano l'elicottero, da Sion. Laura ogni tanto scoppia in lacrime e singhiozzi, ogni tanto è più tranquilla.

Regola numero due in caso di incidente: coprire la vittima con coperte o indumenti caldi.

- Laura, hai freddo?
- No, no...

Copriamola lo stesso, con la mia giacca, con la tua, vedrai che tra poco le viene freddo.
Cinque minuti dopo quasi comincia a tremare, poi si riscalda di nuovo, con le giacche ben sistemate sul tronco e sulle gambe.

Finalmente l'elicottero arriva volteggiando sulla valle. Quasi sembra allontanarsi un paio di volte mentre scende verso di noi.

Due braccia alzate, ferme, a V. Abbiamo bisogno di aiuto, vi abbiamo chiamato noi.

Siamo su un terreno scosceso, il piccolo elicottero si abbassa ondeggiando fino a meno di un metro da terra, le pale del rotore passano a poche decine di centimetri dall'erba e dalle rocce a monte. Resta lì in quella posizione probabilmente solo per alcuni secondi, ma a noi sembrano quasi minuti.
Saltano giù in due. Un medico e una guida alpina. Cominciano a prendersi cura di Laura.
Cos'è successo? da quanto tempo? ti fa male qui? e qui? senti la mia mano sulla gamba? riesci a muovere il braccio?
Una piccola iniezione, la copriamo, la mettiamo sulla barella, la fasciamo con cura.
La caliamo in un punto dove l'elicottero può manovrare meglio. Siamo in quattro, ma non so se quella barella è pesantissima, o se la tensione fa sembrare lo sforzo più grande, il peso sembra enorme, e camminare sull'erba sdrucciolevole non è per niente semplice.

Il pilota si avvicina di nuovo, cala un verricello, la barella è agganciata a un moschettone al quale si assicura anche il medico. La guida aggancia il verricello al moschettone e l'elicottero ricomincia a salire. Atterra a qualche centinaio di metri di distanza, proprio sul passo, tra le comitive in gita al ristorante posto proprio sul valico.

I due ragazzi del soccorso e il pilota sono stati davvero efficienti, rapidi, organizzati, molto professionali, sicuri.

In queste situazioni si genera un'empatia spontanea, persino tra perfetti sconosciuti, e la partecipazione al dolore di una persona è immediata così come il sollievo al giungere di notizie confortanti.
Verso sera, da Gael sappiamo che Laura non si è fatta quasi niente, solo qualche contusione e un grande spavento. Per fortuna indossava anche il casco, cosa che si dovrebbe fare sempre, ma troppo spesso non si fa, quando si arrampica in falesia.

La guida alpina resta ancora qualche minuto con noi, per cercare di capire cosa sia successo prima di ripartire.

Come ha fatto a cadere?

Stava scendendo dopo aver salito un monotiro, aveva naturalmente passato la corda in catena, ma a quanto pare proprio questa è venuta giù.
L'ultimo rinvio era piuttosto distante, Laura era già in fondo alla discesa ed è precipitata fino al suolo, sbattendo prima un paio di volte sulle rocce: i rumori sordi che abbiamo sentito poco prima.
Com'è potuto succedere?
Le vie sono abbastanza facili, le protezioni sono tutte nuove e ben tenute. In catena c'è un sistema molto semplice, rapido, affidabile ed efficace, che ho visto solo in Svizzera, un po' difficile da descrivere a parole, ma devo provarci, perché non riesco a trovare una foto, e perché è necessario per spiegare come sia avvenuto l'incidente.

[EDIT: grazie ad Osvaldo, ho trovato alcune foto di tale sistema]

Un tondino di metallo e' ancorato alla roccia per le sue estremità. Un oggetto che credo venga chiamato corno è posto a cavallo del tondino: ha la forma di una U rovesciata che si stringe decisamente verso le estemità, le quali sono fortemente ritorte all'indietro, similmente alle corna di un muflone, formando così una specie di doppio gancio in cui infilare la corda prima di cominciare a scendere.
È un sistema che a me piace, ma, evidentemente, come dice Osvaldo, non è "a prova di imbecille".

Molto probabilmente Laura non lo aveva mai visto prima e, invece di guardarlo e pensare un attimo a come funzionava, ha preso un moschettone a ghiera l'ha "infilato" nella U, scambiando il restringimento verso le estremità per un anello e ha passato la corda nel moschettone, cominciando a calarsi.
Siamo sicuri che abbia agito così perché sulla via a fianco abbiamo visto un altro moschettone a ghiera "infilato" proprio in questa maniera.
Con la trazione esercitata dalla corda, il corno si è capovolto e, non essendo di fatto chiuso ad anello intorno al cordino incastrato nella roccia, si è semplicemente "sfilato", facendo precipitare Laura al suolo.

Le è andata davvero bene, perché poteva farsi molto male. Qualcun altro poteva farsi ancora più male se per caso lei fosse arrivata in fondo fortunosamente senza problemi (come probabilmente le era successo sull'altra via), e poi tale sfortunato "qualcun altro" fosse salito "da secondo", fidandosi solo dell'ancoraggio in cima, che avrebbe potuto sganciarsi in qualsiasi momento facendolo improvvisamente precipitare (anche da molto in alto...).

Nella vita in generale, ma in particolare quando si va in montagna o ad arrampicare, bisognerebbe cercare di essere ben "presenti a se stessi", attenti e consapevoli.
Se sei in un posto dall'accesso molto facile, segnalato sulle guide come adatto alle famiglie con bambini, con ancoraggi nuovissimi e ravvicinati, e arrivando in sosta ti trovi davanti a qualcosa che non conosci, è davvero molto strano pensare che per calarti tu debba abbandonare un moschettone in cima. Dovrebbe venirti il dubbio che forse il sistema è un altro.

Ricordo molto bene la prima volta che ho trovato questo "corno" in cima ad una via. Eravamo a Sunnbüel, nell'agosto del 2008, e stavo arrampicando su una via per me non semplicissima quando all'improvviso ha cominciato a piovere.
Quasi correndo sono arrivato in cima e mi sono trovato davanti questo sconosciuto. Che fare? Beh, devo dire che basta guardarlo per alcuni secondi per capire come passarvi la corda dentro. Alla fine è un gesto quasi naturale.
Non immediatissimo forse e sicuramente non "a prova di imbecille", però sai che stai rischiando di farti molto male se sbagli qualcosa in quel momento, e allora prenditi un po' di tempo, guarda bene quello che stai facendo, e usa la testa.
Questo non è successo 10 giorni fa su quella via.

Merci beaucoup à toi et ton ami qui m'avez vraiment aidés samedi au Sanetsch!
Dure journée mais je m'en sors plutot bien!
All the best,
Laura


venerdì 3 settembre 2010

Dimenticavo...

... nel post di prima che a volte le immagini sono assai eloquenti e non hanno bisogno di parole...

Queste sono davvero terribili...

Sapere, conoscere, raccontare

Sinceramente, mi fido sempre meno dei giornalisti.
Ogni volta che leggo un articolo che riguarda qualcosa che conosco bene, direttamente o indirettamente, mi rendo conto che la verità che viene raccontata è ben distante da ciò che è realmente accaduto o ciò che si è detto o discusso.
Ora non starò qui a sciorinare esempi, ma mi riprometto d'ora in avanti di riportare quelli che mi risultano più clamorosi o quelli fortemente sospetti.

È pur vero che ci sono diversi gradi di conoscenza e consapevolezza della realtà, e non necessariamente la verità da raccontare è soltanto una ma per quanto riguarda i fatti e i nomi di luoghi e di persone, mi piacerebbe che il riscontro fosse per lo meno coerente.

Ormai considero la gran parte degli articoli di giornale, almeno quelli italiani, un resoconto fumoso di un fatto che è andato più o meno in quel modo ma potrebbe anche essersi svolto in maniera molto se non del tutto differente.
Mi fido invece in misura moderatamente maggiore dell'informazione tecnica, proveniente da fonti specializzate, possibilmente aperte alle opinioni dei lettori (tipicamente riviste on line che permettono il commento degli articoli), che offrono una qualche forma di controllo dell'attendibilità di quanto riportato.

Mi fido forse ancor più di reporter casuali, tipo blogger e testimoni involontari, che solitamente non hanno interesse a modificare una notizia per renderla più spendibile o appetibile. Possono cadere facilmente in una qualche forma di pregiudizio nella narrazione, ma spesso la matrice di tale pregiudizio è più o meno facilmente riscontrabile dal tono e dai contenuti delle informazioni che sono soliti riportare e non è perciò difficile "fare la tara" a quello che si legge.
Molto più difficile invece compiere la stessa operazione leggendo una testata tradizionale.

Ci sarebbe poi un appunto sull'uso della lingua italiana in rete. Davvero, come si dice, i creatori di contenuti "non professionisti" hanno una padronanza della lingua scritta inferiore a chi scrive per mestiere? (A tal proposito ho trovato interessante questa discussione, per chi ha voglia di seguirla)
Probabilmente la risposta è sì.
Io stesso, rileggendo alcuni post dopo settimane o mesi, mi rendo conto a volte di aver commesso errori grossolani di grammatica e anche di sintassi.
Tuttavia, sempre più spesso mi imbatto in errori davvero fastidiosi leggendo quotidiani e riviste.
Un errore tipico che mi innervosisce è la virgola posta tra soggetto e verbo. È vero che nella lingua parlata a volte si fa una pausa prima del verbo, soprattutto in certe inflessioni centromeridionali, ma nella lingua scritta quella virgola non ci va! È una cosa che insegnano (o forse insegnavano) alle elementari...
Un'altra questione dibattuta è quella della prima persona plurale del presente indicativo di verbi come sognare o accompagnare. Sogniamo e accompagniamo o sognamo e accompagnamo?
Provare con un correttore ortografico per conferma...
L'elenco sarebbe ben più lungo, ma mi fermo perché devo fare ancora parecchie cose prima di potermi godere il weekend.

Bon, fine dello sfogo.

Buon finesettimana.

giovedì 2 settembre 2010

Gente seria

Tre guide alpine valdostane su una Parete Nord, salita in stile alpino, promessa di pulizia integrale della via dopo la scalata, discesa con gli sci.
Questa sì che è un'avventura che vale la pena seguire!

Ah dimenticavo, vanno in cima all'Everest...